Aceto

Aceto

 

tipi di aceto

Storia dell’aceto

La denominazione aceto o aceto di vino in Italia è riservata al “prodotto ottenuto dalla fermentazione acetica dei vini che presenta un’acidità totale espressa in acido acetico non inferiore a grammi 6% (g/100 ml) e un quantitativo di alcol non superiore all’1,5% in volume […]” (D.P.R. 12.2.1965 n° 162, art. 41).

 

L’utilizzo dell’aceto risale a tempi antichi, si trova infatti riscontro negli scritti risalenti all’antica Roma dove veniva impiegato come condimento; con molta probabilità solo molti anni più tardi iniziò ad essere usato anche come conservante del cibo.
Tutt’oggi rimane un elemento importante nelle cucine europea, asiatica e tradizionale di tutto il mondo.

 

Il nome aceto deriva dal verbo latino “aceo”, che significa inacidire, e veniva indicato con il termine “vinum acre”; in francese antico tale prodotto veniva chiamato “vinagre”, in inglese vinegar.

 

Tipi di aceto

Nel tempo è stato riconosciuto ad alcune tipologie di aceto la Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) e l’Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.).

 

L’Aceto Balsamico di Modena I.G.P. nel giugno 2009 ha ottenuto il riconoscimento I.G.P. dalla Commissione Europea a Bruxelles.

L’ Aceto Balsamico di Modena I.G.P. in base al Disciplinare di produzione deve essere prodotto esclusivamente nelle acetaie delle province di Modena e Reggio Emilia con i mosti ottenuti dai 7 vitigni più coltivati in Emilia Romagna – Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni – che garantiscono acidità e zuccheri perfetti.

A questi mosti si aggiungono aceto di vino e una percentuale di aceto di vino invecchiato almeno 10 anni. L’Aceto Balsamico di Modena I.G.P. matura in recipienti di legno pregiato all’interno delle acetaie, ambienti con temperatura e aerazione ideali.

 

L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. ho ottenuto il riconoscimento D.O.C. con decreto ministeriale 5 aprile 1983 e il Disciplinare di produzione con decreto ministeriale 9 febbraio 1987.

Tale denominazione è riservata al prodotto ottenuto da mosti di uve provenienti dai vigneti composti in tutto o in parte dai vitigni Lambrusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta e dalle uve dei vigneti iscritti alle DOC in provincia di Modena.

All’atto dell’immissione al consumo deve avere un colore bruno scuro, carico e lucente, una densità apprezzabile in una corretta, scorrevole sciropposità, un profumo di bouquet caratteristico, fragrante, complesso ma bene amalgamato, penetrante e persistente, di evidente ma gradevole ed armonica acidità, ed un sapore caratteristico.

 

L’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia D.O.P. ho ottenuto il Riconoscimento con il Regolamento CE n. 813/2000.

Deve essere ottenuto dalle uve prodotte nel territorio idoneo della provincia di Reggio Emilia e provenienti dai vigneti composti in tutto o in parte dai vitigni Lambrusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino e Occhio di Gatta. Il disciplinare prevede che venga ottenuto “da mosto cotto a fuoco diretto proveniente dalla pigiatura di uve tradizionalmente coltivate in provincia di Reggio Emilia” con l’invecchiamento che avviene in batterie (mai inferiore a tre) di botti di legni differenti (legni di rovere, castagno, gelso, ciliegio, frassino e ginepro) per un periodo di tempo mai inferiore a 12 anni.

L’Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia all’atto dell’immissione al consumo deve avere un colore bruno scuro, limpido, lucente, una densità apprezzabile e di scorrevole sciropposità, un profumo penetrante e persistente, fragrante con gradevole acidità e bouquet caratteristico anche in relazione ai legni utilizzati e ai lunghi invecchiamenti ed un sapore: dolce ed agro ben amalgamato di apprezzabile acidità ed aromaticità in armonia con i caratteri olfattivi.

 

Esistono diversi tipi di aceto oltre a quello di vino:

 

  • l’aceto di malto, prodotto dall’orzo da maltaggio,
  • l’aceto d’orzo,
  • l’aceto di mele che viene prodotto dall’affinamento del sidro o del mosto di mela attraverso il processo di acidificazione e spesso viene venduto non filtrato;
  • l’aceto di pere che è il prodotto della fermentazione del mosto di pere delle varietà a più alto contenuto zuccherino;
  • l’aceto di miele si ottiene per fermentazione dell’idromele, ha un sapore acidulo, colore dorato e profumo intenso ed è ricco di enzimi e sali minerali;
  • l’aceto della noce di cocco, prodotto dalla linfa, o “toddy”, della palma da cocco, è usato frequentemente nella cucina dell’Asia sudorientale;
  • l’aceto di canna, prodotto dal succo della canna da zucchero, è molto popolare nelle Filippine e viene prodotto anche in Francia e negli Stati Uniti;
  • l’aceto di birra ha un gusto maltato distintivo ed è prodotto in Germania, in Austria e nei Paesi Bassi.

 

Proprietà nutrizionali dell’aceto

tabella con i valori nutrizionali dell'aceto

Valori nutrizionali dell’aceto

Grazie al limitato apporto calorico è un condimento che si presta a essere presente spesso a tavola, in aggiunta all’olio extravergine di oliva.

 

L’aceto balsamico presenta un buon contenuto di sali minerali, soprattutto potassio, calcio e magnesio, mentre le vitamine risultano scarse.

 

Benefici dell’aceto

Ha importanti proprietà antibatteriche ed antivirali e grazie al contenuto in polifenoli dell’uva è un alimento antiossidante in grado di rafforzare il sistema immunitario, di combattere l’azione dannosa dei radicali liberi e di rallentare l’invecchiamento cellulare.

 

Inoltre l’aceto di mele è utile in caso di alterazione del gusto, un possibile effetto avverso causato dal trattamento oncologico.

 

Interazioni dell’aceto

Se ne sconsiglia l’uso ai soggetti con diabete poiché può influenzare la quantità di glucosio e di insulina nel sangue e potrebbe quindi avere un effetto additivo se combinato con altri farmaci per il trattamento di questa patologia.

 

L’aceto balsamico sembrerebbe essere anche in grado di abbassare la pressione sanguigna, per cui ne è sconsigliato l’uso a chi è in trattamento con farmaci antipertensivi (per scongiurare possibili effetti additivi).

 

Il consumo di aceto è in genere sconsigliato a chi soffre di gastrite o di reflusso gastro-esofageo, perché in alcuni casi potrebbe esacerbare i sintomi connessi a questi disturbi.

 

Produzione e Tecnologia dell’aceto

L’aceto può essere prodotto da diverse materie prime contenenti alcol o zucchero.

 

Le tre fasi della produzione sono la fermentazione alcolica, l’ossidazione acetica e l’invecchiamento.

 

  1. Nel primo stadio di fermentazione gli zuccheri vengono scomposti in assenza di ossigeno dal lievito per produrre alcol e anidride carbonica.
  2. Nella seconda fase l’aggiunta di ossigeno consente ai batteri acetici, appartenenti al genere Acetobacter ed aerobi obbligati, di ossidare l’alcol etilico in acido acetico.
  3. La fase successiva riguarda l’invecchiamento che avviene in botti di legno per diversi anni.

 

Diversi sono i metodi utilizzati per la produzione dell’aceto.

 

metodi di produzione dell’aceto

 

Il metodo più antico è quello di Orléans, in cui il vino, in origine Bordeaux o Borgogna, viene diluito e quindi utilizzato per riempire in parte delle botti.

Si inocula la madre e si lascia fermentare, rimuovendo periodicamente un poco di aceto e rabboccando con del nuovo vino.

In genere sono necessari due mesi per produrre dell’aceto che grazie alla lenta ossidazione ha un aroma e un gusto molto ricchi.

 

Il metodo industriale più utilizzato è quello a fermentazione in superficie, che utilizza tini di grandi capacità nei quali il vino, versato su trucioli di legno di quercia, cola lungo il tino e viene recuperato alla base; il processo richiede dai 5 ai 9 giorni.

 

Nel metodo a fermentazione sommersa si utilizzano invece tini di acciaio contenenti la materia prima.

Gli acetobatteri sono immersi nel liquido e l’ossigeno necessario al processo di ossidazione è costantemente insufflato grazie a turbine di areazione; l’aceto così prodotto è molto torbido e va chiarificato e filtrato.

 

L’aceto industriale prima di essere posto in commercio viene pastorizzato per eliminare i batteri residui e renderlo stabile nel tempo.

Gli aceti comuni possono essere conservati soltanto per qualche mese, poiché sul lungo periodo si registra perdita dei caratteri organolettici per azione dell’ossigeno. Gli aceti di pregio hanno vita più lunga e possono essere conservati fino a 2 o 3 anni.

 

metodo di produzione dell’aceto balsamico

 

L’aceto balsamico tradizionale di Modena e Reggio Emilia viene prodotto utilizzando solo determinati vitigni con l’uva che viene raccolta a maturazione avanzata ed il mosto che viene sfecciato, quindi cotto a fuoco diretto, in vasi aperti.

La temperatura di cottura non deve mai superare i 90°C per evitare la formazione di composti indesiderati.

Il mosto si concentra divenendo un terzo del volume iniziale e posto in damigiane di vetro dove viene lasciato per l’inverno.

In primavera viene utilizzato per riempire i vaselli delle botti che sono riempite per i 2/3 per permettere una buona areazione e quindi un’azione ottimale dei batteri acetici.

 

L’acetaia è sempre in un sottotetto per permettere le forti escursioni termiche necessarie alla maturazione dell’aceto. Le botti hanno capacità decrescente e formano delle batterie costituite da 5-10 vaselli di legni differenti, ognuno dei quali cede delle essenze indispensabili a conferire il bouquet finale e a determinare il colore del prodotto.

La produzione è al rincalzo, ogni anno si recupera un poco di aceto balsamico dalla botte più piccola, andando a rabboccarla con aceto prelevato da quella precedente. Questa operazione continua fino ad arrivare alla prima botte in cui si va ad aggiungere mosto cotto fresco.

Dopo dodici anni d’invecchiamento l’aceto balsamico è pronto e, prima di essere commercializzato, viene sottoposto al giudizio di una commissione di degustatori per garantire massima qualità dal prodotto sul mercato.

Esistono infatti bollini di diverso colore che indicano il punteggio ottenuto.

 

L’aceto balsamico di Modena si produce invece aggiungendo aceto di vino a mosto concentrato, con la possibilità di utilizzare caramello, per dare colore, fino al 2%.

Si utilizzano sia tecniche che prevedono concentrazione del mosto e successiva acidificazione, sia tecniche di fermentazione in superficie con rincalzi costanti di mosto.

Segue un affinamento in botti di legno per 60 giorni, anche se sul mercato si possono trovare prodotti invecchiati in legno fino ai tre anni.

 

Preparazione e Conservazione dell’aceto

È tradizionalmente usato come condimento, sia di ricette dolci che salate e può essere utilizzato anche in sostituzione dell’olio d’oliva, ma soprattutto del sale, al fine di ridurre l’utilizzo di quest’ultimo.

 

L’aceto presente in commercio viene spesso utilizzato nella creazione di marinature, condimenti e altre salse; è noto anche come rimedio popolare e come prodotto naturale per la pulizia della casa e come diserbante.



Pepe

Pepe

 

Famiglia: Piperaceae

Genere: Piper

Specie: Piper nigrum

 

Storia del pepe

Il pepe (Piper nigrum Linnaeus) è una spezia, frutto di piante del genere Piper della famiglia delle Piperaceae e tra queste è presente il Piper nigrum L.

 

La pianta, probabilmente originaria dell’India del Sud, intorno al IV secolo a.C. è stata importata nell’area del Mediterraneo ed è stata usata come moneta o merce di scambio.

Il pepe, infatti, era ritenuto un bene prezioso e per questo motivo veniva chiamato “oro nero“.

 

Varietà di pepe

Esistono diverse varietà di pepe, che si distinguono per il colore.

Le principali varietà presenti sul mercato sono: il pepe nero, il pepe bianco e il pepe verde.

 

  • Il pepe nero è la spezia più utilizzata al mondo e la sua ossidazione contribuisce a dare colore e sapore alla spezia.
  • quello bianco, invece, si ottiene per decorticazione dei frutti del pepe nero.
  • Il pepe verde è ottenuto dal frutto raccolto non del tutto maturo.

 

Proprietà nutrizionali del pepe

tabella con i valori nutrizionali del pepe nero

Valori nutrizionali del pepe (pepe nero)

Il pepe presenta una buona quantità di minerali, tra i quali i principali sono potassio, calcio e fosforo.

 

Il pepe è caratterizzato dall’avere un sapore piccante; la responsabile di questa sua caratteristica è la piperina, principale alcaloide del pepe, che stimola il metabolismo cellulare e termogenico favorendo l’assorbimento dei principi nutritivi, la produzione di saliva, la secrezione di succhi gastrici e di conseguenza aiuta la digestione.

Bisogna però evitare di mangiare pepe nel caso di patologie gastriche o intestinali a causa di proprietà irritanti delle mucose, caratteristiche della piperina.

 

L’utilizzo del pepe, così come di tutte le spezie, è fondamentale per insaporire gli alimenti e ridurre l’utilizzo del sale, fattore di rischio per l’ipertensione ed altre patologie connesse.

In abbinamento con la curcuma è in grado di favorire la biodisponibilità della curcumina, molecola con effetti positivi per la salute.

 

Benefici del pepe

Tra i minerali contenuti nel pepe, il calcio e il fosforo contribuiscono a mantenere in salute le ossa e i denti, mentre il potassio regola la pressione arteriosa.

 

Inoltre ha anche una buona quantità di vitamina C, che se abbinata ad alimenti vegetali contenenti ferro, facilita l’assorbimento di quest’ultimo.

 

Il pepe viene anche utilizzato per controllare il peso corporeo perchè stimola le proprietà digestive, diuretiche, antisettiche e sazianti.

 

La porzione di consumo standard consigliata è 1 grammo di pepe nero.

 

Produzione e Tecnologia del pepe

Caratteri botanici della pianta del pepe

La pianta del pepe è arborea, sempreverde, perenne e rampicante.

D’estate produce gambi lunghi fino 15 cm, lungo i quali sbocciano fiori piccoli e bianchi, che poi diventeranno granelli sferici carnosi chiamati “drupe”, che all’interno contengono un seme “legnoso” di circa 5 millimetri.

 

Produzione del pepe

In commercio si trova il pepe nero, bianco o verde ma in verità tutte le varietà derivano dallo stesso seme, che viene lavorato in modo diverso.

Il pepe verde viene raccolto prima della maturazione e poi deve essere conservato in salamoia; il pepe nero, raccolto in maturazione avanzata ma non conclusa, è successivamente essiccato.

Infine il pepe bianco, che non è altro che il seme del pepe nero raccolto in una fase di maturazione avanzata riconoscibile dalla buccia rossa, è privato della polpa, della scorza esterna e infine sciacquato ed essiccato.

 

Stagionalità del pepe

Il pepe si trova sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione del pepe

Il pepe può essere usato in diversi modi in cucina a seconda della varietà che si vuole utilizzare.

La varietà più usata è quella del pepe nero; il pepe bianco viene generalmente introdotto nelle salse come condimento per dare un tocco piccante, mentre i grani verdi e rossi, se freschi, si trovano in commercio nella salamoia o sotto aceto. Questi ultimi al momento dell’utilizzo dovranno essere schiacciati.

 

Il pepe in grani è meglio macinarlo verso fine cottura per evitare che perda il suo aroma. Quello in granelli, essendo essiccato, non ha bisogno di particolari attenzioni per la conservazione anche se, conservato sottovuoto, mantiene l’aroma più intenso.
Per il pepe in salamoia, invece, viene indicata la data di scadenza sul barattolo.



Burro

Burro

 

tipi di burro

Definizione di burro

In base alla legge n.1526 del 23/12/1956 (modificata dalla n. 202 del 13/05/1983), si può definire “burro”:

 

il prodotto ottenuto dalla crema ricavata dal latte di vacca e il prodotto ottenuto dal siero di vacca, nonché dalla miscela dei due indicati prodotti, che risponde ai requisiti chimici, fisici ed organolettici indicati”.

 

Ai prodotti ottenuti dalla crema e dal siero provenienti da animali diversi dalla vacca può essere attribuita la denominazione “burro”, purché seguita dalla indicazione della specie animale.

È infatti possibile trovare in commercio burro prodotto a partire da materia grassa di latte di bufala, capra e pecora.

 

Storia del burro

L’origine del burro viene fatta risalire all’inizio della domesticazione degli animali da latte e veniva utilizzato principalmente dai popoli nordici.

 

Ad oggi i principali produttori di burro a livello mondiale sono Stati Uniti, Francia, Germania e Nuova Zelanda.

L’Italia si colloca al quinto posto in Europa e le principali regioni produttrici sono Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.

 

Tipi di burro

Esistono diverse tipologie di burro con differente denominazione e specifica regolamentazione:

 

  • Burro: prodotto con un tenore minimo di grasso di latte dell’80% e tenori massimi di acqua del 16% e di estratto secco non grasso lattiero del 2%.

 

  • Burro leggero a ridotto tenore di grasso (3/4): prodotto con un tenore di grassi lattieri minimo del 60% e massimo del 62%.

 

  • Burro leggero a basso tenore di grasso (1/2): prodotto con un tenore di grassi lattieri minimo del 39% e massimo del 41%.

 

  • Burro concentrato: materia grassa minima 96%.

 

Per tutte le tipologie di burro, ad eccezione del burro concentrato, è obbligatorio riportare in etichetta la percentuale di grasso presente.

 

In commercio è possibile trovare anche il burro decolesterolizzato, generalmente prodotto in altri paesi dell’Unione Europea ed importato e confezionato in Italia.

Questa tipologia di burro viene prodotta con un trattamento tecnologico che permette di ridurre il contenuto di colesterolo di circa il 65%.

 

Proprietà nutrizionali del burro

tabella con i valori nutrizionali del burro

Valori nutrizionali del burro

Il burro è costituito per la maggior parte di materia grassa, cui fa seguito una quota di acqua (non superiore al 16%), e una parte di materia secca non grassa definita come “residuo secco magro”.

 

La matrice lipidica del burro è costituita per il 97-98% da trigliceridi.

La composizione in acidi grassi di questo alimento può variare notevolmente in base al tipo di alimentazione dell’animale. Quest’ultima infatti influenza la composizione del latte crudo utilizzato per la produzione del burro.

 

Gli acidi grassi liberi costituiscono uno dei parametri comunemente utilizzati per valutare la qualità del burro, soprattutto in relazione al suo stato di conservazione, e non devono superare 1,2 mmoli/100 g di grasso.

 

Nel burro è presente anche un alto contenuto di colesterolo, intorno ai 2,5 mg/g.

 

La frazione non lipidica del burro che rappresenta al massimo il 2% del totale.

È composta principalmente da zuccheri (1%), per la maggior parte lattosio, e da proteine (0,8%), soprattutto caseine.

 

Tra i sali minerali sono presenti soprattutto calcio e fosforo.

 

Nel caso del burro anidro il residuo secco magro è quasi del tutto assente, mentre nel caso del burro salato, può raggiungere valori del 4% in quanto comprende la quota massima di cloruro di sodio addizionabile (circa 2%).

 

Benefici del burro

Il burro è una buona risorsa alimentare per quanto riguarda la vitamina A e il suo principale precursore, il β-carotene, un pigmento che è il principale responsabile della colorazione giallo-paglierina di questo alimento.

 

Il contenuto di questi composti varia in base al periodo e all’alimentazione: il burro invernale è di colorazione molto pallida, mentre il burro di altre specie, del tutto privo di β-carotene, è completamente bianco.

 

Tra le altre vitamine liposolubili è presente in grandi quantità la vitamina E, mentre nettamente inferiore è il contenuto di vitamina D e K.

 

Tuttavia sarebbe bene non eccedere con l’utilizzo del burro data la presenza di grassi saturi che causano un aumento del colesterolo nel sangue.

A questo proposito le linee guida consigliano di non superare dosi giornaliere superiori al 10% di grassi saturi.

 

La porzione consigliata è di 10 grammi al giorno, che corrisponde a mezza noce.

 

Interazioni del burro

Il burro, come tutti i latticini, può interferire con l’assunzione di antibiotici quali ciprofloxacina e tetraciclina.

 

Produzione e Tecnologia del burro

Il burro può essere prodotto da:

 

  • Crema “dolce” di centrifuga, ottenuta mediante centrifugazione del latte e con un tenore di grasso variabile dal 30 al 50%. Centrifugando ulteriormente la panna si possono raggiungere concentrazioni di grasso vicine al 90%.

 

  • Crema “acida” di affioramento, legata alla produzione di formaggi duri a lunga maturazione, prodotti con una quota di latte parzialmente scremato.
    Lasciando il latte a riposo, il grasso lentamente e spontaneamente affiora portando alla formazione di crema con un contenuto di grasso di circa 20-30%. Durante il riposo del latte, che può richiedere dalle 7 alle 15 ore, si sviluppano batteri lattici che sono responsabili del carattere acido.

 

  • Crema da siero. Esistono due tipologie di panna da siero, dolce e forte.
    La prima è ottenuta per centrifugazione del siero di lavorazione di formaggi prodotti con caglio dolce (di vitello liquido o in polvere) mentre la seconda con caglio forte (in pasta, di agnello o capretto). La crema di siero è generalmente di qualità scadente e deve quindi essere rielaborata.

 

  • Creme “rigenerate” ottenute a partire da burro fuso, miscelato a crema, latticello o latte.

 

  • “Zangolato di creme fresche per burrificazione”. È da considerarsi un semilavorato che deriva dalla zangolatura di panne di affioramento crude.

 

Fasi di produzione del burro

La prima fase per la produzione di burro è quella definita “titolazione delle creme” e consiste nel standardizzare il contenuto di grasso.

È un passaggio fondamentale soprattutto se si utilizzano creme di diversa derivazione che presentano una quantità di grasso differente.

 

La crema viene quindi pastorizzata in modo di inattivare gli enzimi idrolitici, che potrebbero causare l’alterazione del grasso, e distruggere i microrganismi patogeni.

Alla crema pastorizzata vengono aggiunti, in una percentuale pari al 3-4%, i microorganismi acidificanti e aromatizzanti che metabolizzano lattosio ed acido citrico, producendo composti aromatici e gas.

 

Si passa alla fase di maturazione durante la quale la crema è sottoposta a cicli termici per ottenere le modificazioni fisiche (cristallizzazione) e biologiche (per lo sviluppo di aroma) che si desiderano.

 

Nel caso di creme dolci si effettua una maturazione fisica, mentre in caso di creme acide viene applicata una maturazione biologica.

 

Terminata la maturazione la crema viene agitata meccanicamente attraverso l’utilizzo della zangola.

Il processo di zangolatura richiede circa 30 minuti ed è tanto più veloce tanto più alto è il titolo di grasso della crema.

 

Successivamente viene effettuato il lavaggio. A questo punto viene data la forma tipica del panetto di burro e si effettua il confezionamento.

 

Confezionamento del burro

I materiali più utilizzati per questa fase sono fogli di alluminio in quanto sono flessibili e proteggono il prodotto dalla luce e la carta pergamena che invece risulta essere molto resistente all’umidità.

 

In commercio si possono trovare panetti di burro di diversi formati: 10 g impiegati nella ristorazione collettiva, 125 g e 250 g utilizzati prevalentemente in ambito domestico e quelli da 1-25 kg richiesti dall’industria.

 

Stagionalità del burro

Il burro è disponibile sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione del burro

Bisogna mantenere il burro sempre a temperature di refrigerazione, sia durante la distribuzione che durante la shelf-life, pena la perdita di qualità.

 

Attualmente non è stabilito per legge un termine minimo di conservazione, che quindi è lasciato al produttore e normalmente corrisponde a 90 giorni a partire dalla data di produzione.

 

I fattori maggiormente responsabili di degradazione del burro sono la temperatura, l’umidità e l’esposizione all’aria.