Quinoa

Quinoa

 

quinoa

Famiglia: Chenopodiaceae

Genere: Chenopodium

Specie: Chenopodium quinoa Willdenow

 

Cos’è la quinoa e storia

La quinoa è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae.

Conosciuta e coltivata da tempi antichi soprattutto nel Sud America, da noi si è diffusa piuttosto recentemente; è ormai diffusa in Inghilterra, Germania, Danimarca, Spagna, Italia, Francia, Russia, Portogallo, l’Himalaya, Sud Est Asiatico, e la Namibia.

In generale la produzione di quinoa è aumentata negli ultimi anni.

 

Pur non appartenendo alla famiglia botanica delle graminacee o poacee (le sole piante e i loro prodotti sono ascrivibili nei cereali), la quinoa è classificata merceologicamente come pseudocereale.

 

Rispetto agli altri cereali possiede un alto contenuto proteico e può essere consumata dai celiaci per la sua totale assenza di glutine.

Viene utilizzata in grani come un normale cereale e può essere utilizzata per minestre, insalate, crocchette e polpette.

 

Prima di poter utilizzare la quinoa bisogna eseguire un’operazione di desaponificazione, per eliminare la saponina ed evitare il gusto amaro.

 

Varietà di quinoa

Esistono più di 200 varietà di quinoa e quella più utilizzata è la quinoa Real per il suo basso tenore di saponina.

In commercio si trovano anche altre varietà quali: Bear, Cherry Vanilla, Cochabamba, Dave 407, Gossi, Isluga, Kaslala, Kcoito, Linares, Rainbow, Red head e Temuco.

 

Proprietà nutrizionali della quinoa

tabella con i valori nutrizionali della quinoa

Quinoa valori nutrizionali

I semi della pianta sono ricchi di carboidrati complessi ma in quantità inferiori rispetto agli altri cereali.

 

Si differenzia per l’elevato contenuto di proteine, fino al 14% in 100 grammi, oltre che per la qualità biologica di queste. La lisina, aminoacido generalmente carente nei cereali, è presente in quantità doppie rispetto al grano.

La composizione proteica infine è ideale anche per chi è celiaco, non è difatti presente la frazione del glutine. Come mostrato in alcuni studi, l’introduzione della quinoa in una dieta senza glutine è stata bene tollerata dalle persone che presentano tale condizione.

 

Anche la sua composizione in fibra è molto buona, infatti una porzione copre circa un quarto della quantità consigliata dalla Società Italiana di Nutrizione Umana.

 

Per quanto riguarda vitamine e sali minerali, la quinoa è fonte di vitamine del gruppo B, fosforomagnesio, ferro e zinco.

 

Le foglie giovani prima della fioritura, sono ricche in vitamine, minerali e proteine e quindi idonee al consumo umano.

 

Quinoa benefici

Il consumo di quinoa quindi arricchisce l’alimentazione di fibre che promuovono il buon funzionamento dell’intestino, contrastando la stitichezza e riducendo l’esposizione delle cellule intestinali a sostanze tossiche.

Inoltre aiutano a regolare l’assorbimento di colesterolo e zuccheri, aiutando così a combattere l’ipercolesterolemia e l’ipoglicemia.

 

Anche i minerali contenuti nella quinoa apportano benefici all’organismo. A questo proposito, infatti, il magnesio partecipa a molte reazioni cellulari ed è utilizzato per la produzione di energia del metabolismo, il ferro è un componente dell’emoglobina e della mioglobina, mentre lo zinco è un componente di molti enzimi coinvolti nelle reazioni metaboliche.

 

La porzione standard consigliata è di 80 grammi, che corrisponde a circa 4 cucchiai di quinoa.

 

Una porzione di quinoa contiene 366 mg di fosforo, ricoprendo così più di metà della RDA (Recommended Daily Allowance) di questo minerale per la popolazione adulta (che è di 700 mg).

 

Inoltre il consumo di questo pseudocereale può essere utile in caso di anemia sideropenica.

 

Quinoa interazioni

Vi ricordiamo infine che la quinoa non lavata contiene saponina, che può causare problemi gastrointestinali, mentre le foglie della pianta contengono acido ossalico; prima di essere consumate devono essere scottate in acqua bollente.

 

Produzione e Tecnologia della quinoa

Caratteri botanici della quinoa

La quinoa è una pianta erbacea annuale a radice fittonante, molto profonda, con un sistema altamente ramificato, che le dà una buona stabilità e le permette un’ottima resistenza alla siccità

Le radici assumono un colore differente a seconda del terreno in cui crescono.

 

Il fusto è legnoso, eretto, può essere ramificato o non ramificato, di altezza variabile dai 30 cm fino ai 3 m a seconda della varietà.

Il colore è diverso a seconda delle varietà e delle fasi fenologiche, (può assumere colorazioni dal verde al rosso, spesso mostra striature). All’interno è presente un midollo che scompare alla maturazione, lasciando il gambo secco e vuoto.

 

Le foglie sono alternate. La lunghezza dei piccioli e la forma delle foglie (a forma di diamante, di triangolo, lanceolata, piatta o ondulata) sono variabili a seconda della varietà e possono variare anche sulla pianta stessa a seconda della posizione in cui si trovano. Anche il colore delle foglie è molto variabile (dal verde al rosso con sfumature diverse).

La pianta resiste bene alla siccità in quanto all’interno delle foglie sono contenuti cristalli di ossalato di calcio che riducono la traspirazione eccessiva.

 

L’infiorescenza è una tipica pannocchia con un asse centrale, uno secondario e uno terziario con i pedicelli che tengono i glomeruli. La lunghezza della pannocchia è variabile a seconda del genotipo, il tipo di quinoa e delle condizioni di fertilità del suolo.

I fiori sono molto piccoli, privi di petali, costituiti da una corolla composta da tepali e solitamente da cinque sepali di colore verde. I fiori possono essere ermafroditi (il fiore presenta entrambi gli organi sulla stessa pianta) oppure possono esserci piante dioiche. Inoltre sono autofertili e l’impollinazione in genere è anemofila (tramite il vento).

 

Il frutto è un achenio indeiscente molto piccolo, rotondeggiante, appiattito, con un diametro di circa 2 mm, protetto dal perigonio, che è dello stesso colore della pianta. Il seme è appiattito, ottenuto dai frutti maturi senza perigonio, può avere una forma ellissoidale, conica o sferoidale e può essere di colore bianco, beige, giallo chiaro, marrone chiaro, rosso o nero.

 

Coltivazione della quinoa

Per la coltivazione la quinoa richiede una temperatura media di circa 15-20 °C, anche se si sviluppa bene a temperature medie di 10°C sia di 25°C.

Il terreno ideale è quello limoso, ben drenato e ben dotato di sostanza organica.

 

Le condizioni ottimali per la semina si hanno quando il terreno ha una temperatura compresa tra 7°-10°C fino a un massimo di 18-20°C e una buona umidità per facilitare la germinazione dei semi; nel nostro emisfero il periodo ottimale è tra aprile e maggio.

 

Per quanto riguarda la raccolta è difficile individuare l’epoca più idonea in quanto i pannicoli presenti sulla stessa pianta maturano in tempi diversi. Solitamente si inizia nel momento di caduta delle foglie, quando i semi cadono facilmente e le piante secche assumono colorazioni giallo pallido o rosse.

Il periodo generalmente è compreso tra agosto e settembre nell’emisfero boreale e tra aprile e maggio nell’emisfero australe.

 

Produzione della quinoa

Le operazioni di raccolta possono avvenire manualmente o utilizzando trebbiatrici fisse, e sono composte da cinque fasi: Taglio, Trebbiatura, Vagliatura della granella, Essiccazione e cernita e Confezionamento e stoccaggio.

 

Durante la vagliatura la granella è posta su appositi setacci e viene lanciata in aria, quindi, sfruttando le correnti d’aria vengono rimosse le impurità (ovvero i residui della pianta come pezzi di foglie, pedicelli, infiorescenze e piccoli rami) ottenendo una buona pulizia.

 

L’essiccazione per rimuovere l’umidità residua si ottiene usando flussi di aria calda; si ritiene che la quinoa sia secca quando i semi non contengono più del 10-12% di umidità.

 

Una volta che la granella è completamente asciutta, si esegue l’operazione di desaponificazione che può avvenire con il metodo secco, con il metodo umido o combinando i due metodi.

Questa operazione serve per eliminare le saponine, sostanze antinutrienti che hanno un sapore amaro e impediscono l’assorbimento di alcuni fondamentali sali minerali, come ferro e zinco.

 

Al termine di questo processo si procede alla selezione e alla classificazione per dimensione variando il diametro delle maglie dei setacci attraverso cui devono passare i semi.

Ogni varietà ha una diversa composizione e dimensione dei semi e, i semi di grandi dimensioni sono utilizzati come semi perlati, mentre quelli più piccoli per la produzione di farina, fiocchi e altre trasformazioni.

 

In seguito alla cernita dei semi si procede alla fase di confezionamento e stoccaggio del prodotto che deve avvenire in luoghi freschi e asciutti in contenitori adeguati, preferibilmente silos di metallo.

 

Stagionalità della quinoa

In commercio la quinoa è disponibile tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione della quinoa

Prima di pensare a come cucinarla, bisogna scegliere la varietà di quinoa adatta; in commercio infatti si trova la quinoa bianca, rossa e nera.

La bianca è quella con il sapore più neutro, adatta ai neofiti oppure per preparare dei dolci. Le versioni rossa e nera, invece, hanno un gusto più distinto e nocciolato.

 

Per consumare la quinoa è fondamentale sciacquare sempre accuratamente i chicchi sotto abbondante acqua corrente: a proteggere questo finto cereale c’è la saponina, una sostanza amara dal sapore sgradevole che non è bene ritrovarsi nel piatto.

 

Per cuocerla in maniera corretta dovete aggiungere ad ogni bicchiere di quinoa ben sciacquato due bicchieri di acqua o brodo e lasciarla cuocere per 10-12 minuti, dopo i quali il liquido verrà assorbito. Non ci sarà bisogno di scolare e rischiare di distruggere i piccoli semi.

 

La quinoa può entrare a far parte di zuppe durante la stagione più fredda, in estate è ottima da accompagnare con verdure in insalata. Per colazione invece si possono consumare chicchi soffiati o fiocchi, utili anche per arricchire le ricette di biscotti o dolci apportando più fibra.

 

Le proposte di ricetta di FBO con la quinoa



Amaranto

Amaranto

 

amaranto proprietà

Famiglia: Amaranthaceae

Genere: Amaranthus

Specie: Amaranthus Spp.

 

Storia dell’amaranto

L’amaranto (Amaranthus caudatus) è il seme di una pianta appartenente al genere Amaranthus che comprende circa 60 specie, alcune delle quali suddivise in base alla tipologia di utilizzo.

 

La pianta ha origini antiche ed è originaria dell’America centrale e del Messico.

Ad oggi negli Stati Uniti, Cina e India viene coltivato su grandi superfici ed è considerato ormai al pari di altre colture industriali.

 

I semi di amaranto sono piccoli, assomiglianti a dei granelli, di colore tendente al giallo.

Tra tutte le specie conosciute solo tre sono ritenute buone produttrici di semi: Amaranthus caudatus, Amaranthus cruentus e Amaranthus hypochondriacus.

 

Dell’amaranto, oltre ai semi, si possono consumare anche le foglie che vengono utilizzate alla stregua degli spinaci.

 

Proprietà nutrizionali dell’amaranto

tabella con i valori nutrizionali dell'amaranto

Valori nutrizionali dell’amaranto

I carboidrati complessi ne caratterizzano la composizione, mentre basso è il contenuto di grassi.

 

Le principali caratteristiche sono l’elevato contenuto di proteine (15-18%), di lisina e di calcio rispettivamente con medie di 5,2 e 0,37 g/100 g di sostanza secca.

 

In particolare il contenuto di lisina, amminoacido essenziale importante per la formazione delle proteine, è superiore ad alcuni alimenti di origine vegetale (ad esempio cereali, fagioli, soia) e animale (come carne, latte, uova).

Per questo motivo l’amaranto ha elevate potenzialità di mercato soprattutto dove, fino a questo momento, è confinato quasi esclusivamente nel settore salutistico.

 

Tra i minerali spiccano ferro, potassio, calcio e magnesio.

 

Nei semi è contenuto l’olio di amaranto (in media per il 6,0%) contenente tocoferoli, composti generalmente indicati come vitamina E, che insieme allo squalene, trovano impiego nell’industria cosmetica soprattutto nel settore della cura di pelle e capelli.

 

Il seme è anche un’ottima fonte di fibra. Per questo motivo l’amaranto contribuisce a soddisfare l’apporto raccomandato di circa 25-30 grammi, soprattutto se consumato in abbinamento a verdure.

 

Benefici dell’amaranto

L’amaranto è privo di glutine e quindi idoneo all’alimentazione dei celiaci e dei soggetti intolleranti ad esso.

 

La farina di amaranto non contiene zuccheri semplici permettendo così il suo utilizzo nella dieta di obesi e diabetici (considerato comunque l’elevato contenuto di amilopectina e di zuccheri complessi).

 

Il latte di amaranto invece per l’ottimo bilanciamento a livello di aminoacidi e per l’elevato contenuto di calcio è indicato per l’alimentazione di bambini, anziani e intolleranti al lattosio.

 

Ricordiamo anche che per via dell’elevato contenuto di fibra l’amaranto garantisce il miglioramento del transito intestinale, favorendo il processo digestivo.

 

Interazioni dell’amaranto

Nell’amaranto sono contenute discrete quantità di acido ossalico e, per questo motivo, la sua assunzione può complicare l’assimilazione da parte dell’organismo di alcuni minerali; il consumo di questo alimento è pertanto sconsigliato a chi è affetto da patologie renali.

 

Produzione e Tecnologia dell’amaranto

Caratteri botanici dell’amaranto

L’amaranto è una pianta erbacea annuale di altezza variabile a seconda della specie (da 0,5 a 3,5 m) con foglie che possono avere diverse forme, da ovali a lanceolate.

 

I fiori sono riuniti in infiorescenze (panicoli) che possono essere erette o pendenti, ramificate, lunghe sino a 90-100 cm dalla colorazione tipica rossa, verde o giallognola.

I semi sono di piccole dimensioni (1-1,5 mm di diametro) dalla forma circolare schiacciata e dal colore che può variare dal bianco-latte, al giallo-oro, dal bruno al nero.

 

Nelle aree di origine, Messico e Centro America, la pianta viene coltivata anche in altitudine fino a circa 2.800 m slm utilizzando soprattutto le specie A. caudatus e A. hypocondriacus; in altre aree con clima temperato la specie A. cruentus viene coltivata utilizzando una tecnica colturale adatta a un’agricoltura industriale.

In Italia l’amaranto è una tipica coltura primaverile-estiva che si può inserire in rotazioni con cereali, leguminose e ortaggi.

 

Coltivazione dell’amaranto

L’amaranto predilige un clima temperato-caldo in zone molto ben soleggiate; è una pianta rustica che necessita di alcuni elementi come l’azoto, il fosforo e il potassio.

Le irrigazioni devono essere molto oculate perché soffre terribilmente l’umidità e i ristagni idrici ed esige terreni abbastanza sciolti con pH compreso tra 6 e 7,5.

 

La semina si effettua a fine aprile in sud Italia e a fine maggio nelle regioni del nord, quando il pericolo delle gelate è lontano.

La tecnica più impiegata è quella a file distanti 50-60 cm e si può procedere a fila continua o alla semina di precisione con densità variabile secondo l’architettura della varietà impiegata.

 

Quando le piante hanno raggiunto un’altezza di circa 20-25 cm si procede con una sarchiatura che talvolta deve essere ripetuta insieme a una rincalzatura soprattutto se le piante sono molto alte e con panicoli lunghi e ricadenti.

Il ciclo della specie è variabile tra 100 e 160 giorni dalla semina.

 

Produzione dell’amaranto

La maturazione è scalare e la raccolta, fase più delicata di tutta la tecnica agronomica, si effettua alla fine della fioritura che avviene in estate.

 

I semi quando sono maturi si distaccano facilmente dal panicolo, provocando perdite di una certa consistenza soprattutto se si procede con la raccolta meccanica.

Per ridurre queste perdite si deve raggiungere un compromesso tra maturità e umidità del panicolo oppure procedere tagliando le piante, essiccandole ed infine eseguendo la trebbiatura.

 

Nelle varietà sottoposte a raccolta meccanizzate viene ricercato il «dry down», ovvero la parziale caduta delle foglie in concomitanza con la maturazione del seme.

 

L’amaranto viene impiegato per la formulazione di barrette, snack, muesli, semi soffiati, estrusi e altri prodotti come biscotti e pane, miscelandolo con farine di altri cereali. Dall’amaranto, oltre la farina, viene prodotto anche il latte e l’olio.

 

Stagionalità dell’amaranto

In commercio l’amaranto si trova tutto l’anno in forma essiccata.

 

Preparazione e Conservazione dell’amaranto

L’amaranto è un seme ricco di acidi grassi insaturi, facilmente ossidabili se a contatto con luce e calore.

È quindi buona norma conservare farina, semi o amido di amaranto in luoghi freschi e lontano da fonti di luce.

 

Un ottimo posto dove conservarlo è il frigorifero o il congelatore. Se si prevede di non utilizzare il prodotto per lungo tempo, buona norma è la conservazione sottovuoto.

 

Una volta cotto, come tutti i cereali, può essere conservato in frigorifero ad una temperatura inferiore ai 4°C un paio di giorni ben chiuso oppure può essere conservato sottovuoto nel congelatore e rigenerato nel momento del bisogno come un qualsiasi cereale.

Come per tutti gli alimenti cotti, è bene non tenere gli alimenti fuori dal frigorifero per oltre 2 ore, per scongiurare la prolificazione batterica.

 

In diverse ricette viene preparato con le stesse modalità del cous cous, cioè sfruttando una cottura per assorbimento, calcolando una parte di cereale per due parti di acqua. Ovviamente i tempi di cottura sono notevolmente diversi, nel caso dell’amaranto si attestano sui 40 minuti.

Una volta pronto il suo volume sarà raddoppiato, per cui una porzione corrisponde a circa 40 grammi di prodotto secco.



Topinambur

Topinambur

 

topinambur

Famiglia: Compositae

Genere: Helianthus

Specie: Helianthus tuberosus L.

 

Cos’è il topinambur

Il Topinambur, conosciuto anche come Tartufo di canna o Patata del Canada, è la radice dell’Helianthus tuberosus, una pianta perenne di origine americana.

 

Nell’Europa occidentale e nelle regioni Mediterranee il topinambur viene spesso utilizzato come se fosse una patata, sebbene risulti meno nutritivo di quest’ultima. Inoltre, rispetto alla patata, si conserva male una volta estratto da terra in quanto contiene inulina anziché amido.

 

Proprietà nutrizionali del topinambur

tabella con i valori nutrizionali del topinambur

Topinambur valori nutrizionali

Spesso considerato al pari di una patata, in realtà le sue caratteristiche nutrizionali sono ben diverse. In particolare, non rappresenta un’ottima fonte di carboidrati come la patata. Tuttavia, il topinambur presenta buone quantità di una particolare tipologia di fibra, l’inulina.

 

Il topinambur contiene anche vitamine come le B, A, C ed E utili per il buon funzionamento dell’organismo e tra i minerali spiccano il ferro, il calcio, il selenio e il fosforo.

 

Topinambur benefici

Il topinambur ha un buon apporto di fibre di cui fa parte l’inulina, questa molecola arriva inalterata nel colon, dove i microrganismi che vi abitano possono utilizzarlo come nutrimento.

L’inulina agisce come prebiotico e aiuta a ridurre l’assorbimento da parte dell’intestino di grassi e zuccheri: in questo modo, l’inulina aiuta a proteggere la salute cardiometabolica da eccessi di glucosio e colesterolo nel sangue.

 

A livello di micronutrienti il topinambur è molto ricco in potassio, utile a regolare il contenuto ed il flusso di acqua dentro e fuori dalle cellule e fondamentale per la normale funzione del cuore, dei muscoli e del sistema nervoso.

 

Il topinambur è inoltre una fonte di antiossidanti (vitamine A, C ed E, selenio e manganese); di vitamine importanti per il metabolismo (appartenenti al gruppo B) e lo sviluppo del sistema nervoso durante la gestazione (i folati); di ferro, importante per la produzione dei globuli rossi; e di calcio e fosforo, alleati di ossa e denti.

 

La porzione standard consigliata è 200 grammi, che corrisponde circa a 2 topinambur piccoli.

 

Topinambur e interazioni

Se consumato in eccesso, il topinambur può causare flatulenza a causa dell’elevata quantità di fibra che contiene.

 

Produzione e Tecnologia del topinambur

Caratteristiche del topinambur

Il topinambur è un tubero dalla forma irregolare dotato di radici ramificate provviste di rizomi tuberiferi.

Lo stelo è eretto e lungo, pubescente; i fiori sono gialli e riuniti in un capolino terminale.

Il frutto è un achenio, ovvero un frutto secco con un pericarpo più o meno indurito (talvolta anche legnoso) contenente un unico seme che è distinto dal pericarpo stesso.

 

Non richiede grosse esigenze ambientali; resiste al freddo e al caldo ma preferisce climi temperato-caldi, tipici dell’area mediterranea, aree soleggiate e si adatta ad ogni tipo di terreno.

Essendo una pianta rustica e invadente, talvolta infestante, conviene coltivarla fuori rotazione oppure prima di una coltura sarchiata.

 

Coltivazione del topinambur

Per quanto riguarda la coltivazione, la tecnica colturale è simile a quella della patata.

Il piantamento dei tuberi si esegue a righe distanti 50-60 cm (si riducono a 20-25 cm nella coltura da foraggio), pochi centimetri sotto il livello del terreno (solitamente 10 cm).

 

La semina si esegue durante la metà o gli ultimi giorni dell’inverno. In seguito è sufficiente una normale rincalzatura poiché la pianta assume uno sviluppo assai rigoglioso e soffoca facilmente le erbe infestanti.

 

La raccolta dei tuberi si fa quando gli steli sono ormai secchi, generalmente in autunno, garantendo così un consumo che si estende per l’intera stagione fredda. La produzione si aggira intorno ai 200-250 quintali ad ettaro. La stagione del topinambur va da ottobre a marzo.

 

Il Topinambur, oltre all’alimentazione umana, viene utilizzato per l’industria e il bestiame; in quest’ultimo caso anche gli steli e le foglie della pianta forniscono foraggio.

 

Stagionalità del topinambur

Il periodo migliore per acquistarlo è tra ottobre e marzo.

 

Preparazione e Conservazione del topinambur

I negozi fisici sono ben forniti di tale alimento. Solitamente la scelta più indicata è rivolta alle attività bio, oppure nei grandi mercati.

 

Può essere consumato crudo o cotto; nel secondo caso il procedimento può ricordare il modo di cucinare le patate. Ottimo anche mangiato così, con sale e pepe.

Naturalmente cucinato risulta più delicato da mangiare rispetto alla versione cruda, anche se quest’ultima mantiene intatte le proprietà benefiche in cucina potete realizzare molti piatti con questa specie di radice.

 

Si accosta bene ai funghi, le noci, alla salsa di pomodoro e nelle insalate. Può anche essere l’ingrediente primario per realizzare una squisita purea, oppure per condire risotti; anche nelle zuppe è perfetto e molto apprezzato.

 

Le proposte di ricetta di FBO con il topinambur

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Frumento Duro

Frumento o Grano Duro

 

grano duro

Famiglia: Graminaceae

Genere: Triticum

Specie: Triticum durum

 

Storia del frumento duro

Il frumento o grano (triticum) è una pianta erbacea con infiorescenza a spiga.

Dal termine triticum deriva per assonanza la parola tritare, riferita alla produzione di farine o semole dalla macinazione della granella.

 

Il grano duro (Triticum durum), insieme al grano tenero (Triticum aestivum) , costituisce una delle principali fonti alimentari per l’uomo.

 

Le prime coltivazioni risalgono alla rivoluzione neolitica (10.000 anni fa). I luoghi di origine del grano si fanno risalire nella cosiddetta Mezzaluna Fertile, situata a sud-est della Turchia.

Le prime specie appartenevano al Triticum urartur e al Aegilops speltoides.

 

La coltura del grano è la maggiore nel mondo; il raccolto è predominante nei paesi temperati, dove fornisce alla popolazione tra il 20% e il 50% del consumo totale di calorie.

In particolare, oggi in Italia si coltiva nelle Marche, Puglia, Sicilia e Toscana.

 

Il consumo dei grani duri, a differenza delle usanze alimentari dell’uomo in epoche passate, ha attualmente superato quello dei grani teneri.

 

I prodotti del grano duro

Sulla base delle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica 187/2001 che disciplina la produzione e la commercializzazione degli sfarinati, in Italia dalla macinazione del grano si possono ottenere, oltre semola e semolato, anche farina e semola integrale di grano duro.

 

– Il primo prodotto della macinazione è la semola integrale. Questa, con forma granulare e a spigolo vivo, si ottiene direttamente dalla macinazione del grano duro.

 

– La semola, il semolato e la farina di grano duro si ottengono dalla macinazione e conseguente abburrattamento del grano duro.

I tre prodotti si diversificano per dimensione e granulometria: la semola a differenza degli altri due è un prodotto granulare a spigolo vivo.

Tutti questi prodotti, per essere utilizzabili, devono essere liberati dalle loro impurità.

 

 

– Da questi poi, tramite ulteriori processi di impastamento si ottengono prodotti come il pane e la pasta.

 

Il prodotto della macinazione del grano è la semola ed è caratterizzata da un aspetto granuloso e un colore giallo intenso dovuto dalla presenza dei carotenoidi.

La semola è impiegata prevalentemente per la preparazione di prodotti da forno quali paste alimentari e particolari tipi di pane (artigianale).

A titolo di esempio il grano duro, con cariossidi allungate, lucide a frattura vitrea, ricche di glutine è particolarmente adatto al pastificio.

Queste proprietà fanno si che l‘amido non si disperda durante la cottura, assicurando così la tenuta dell’impasto.

 

Proprietà nutrizionali del frumento duro

tabella con i valori nutrizionali del frumento duro

Valori nutrizionali del frumento duro

Come si può notare dalla tabella, la frazione glucidica è per la maggior parte rappresentata dall’amido composto da amilosio e amilopectina. Le sue funzioni principali sono: funzione di riserva per le piante e conservazione/immagazzinamento dell’energia.

 

Un’altra componente importante è rappresentata dalle proteine. La loro quantità varia a seconda dello strato del chicco.

Nei cereali si trovano due tipi di proteine principali.

Le proteine solubili sono albumine e globuline localizzate nell’embrione e nello strato aleuronico mentre le proteine di riserva sono prolammine e gluteline (gliadine e glutenine) e si trovano nell’endosperma.

 

Inoltre è interessante evidenziare che i cereali, soprattutto quelli integrali, sono un’importante fonte di fibra alimentare.

La fibra non viene digerita e assorbita nell’intestino tenue, ma arriva al colon dove viene fermentata per opera della flora batterica, sono proprio i prodotti della fermentazione batterica ad esercitare effetti benedici per la salute dell’intestino e dell’intero organismo.

I cereali rappresentano un’importantissima fonte di vitamine, soprattutto del gruppo B.

I minerali quali potassio, fosforo, ferro, rame e zinco sono contenuti principalmente nella parte esterna del chicco.

 

Benefici del frumento duro

La presenza di fibre nel frumento duro aiuta la digestione e la buona funzionalità intestinale. Inoltre ha anche un alto potere saziante.

 

Interazioni del frumento duro

Il grano duro contiene glutine ed è quindi sconsigliato il consumo per i soggetti celiaci o per i soggetti che hanno intolleranza al glutine.

 

Produzione e Tecnologia del frumento duro

Caratteri botanici del grano duro

Il grano duro si adatta bene agli ambienti aridi e caldi, dove si nota una migliore performance qualitativa.

Non sono indicati invece gli ambienti umidi e freddi, in quanto poco resistente alle riduzioni di temperatura durante le prime fasi vegetative o durante la fase di fioritura. In presenza di questi fattori le rese produttive sarebbero influenzate negativamente.

 

Il frutto dei cereali è la cariosside, le cui dimensioni variano a seconda della specie. La cariosside è formata da tre parti principali: tegumento, embrione ed endosperma amilaceo detto anche mandorla farinosa.

 

Tecniche di produzione per prodotti dal grano duro

Il grano, giunto a maturazione, è pronto per essere macinato; successivamente viene usato nell’industria pastaria per la produzione di semole e semolati.

 

Tradizionalmente la macinazione del grano è sempre avvenuta con l’utilizzo di molini a molazze.

Oggi si ottiene tramite processi industriali grazie laminatoi a cilindri e setacciature con buratti.

 

L’attuale tecnologia può essere suddivisa nelle quattro fasi seguenti:

 

1) ricezione, prepulitura e insilamento del grano in arrivo,

2) pulitura e condizionamento,

3) macinazione,

4) conservazione degli sfarinati prodotti.

1. ricezione, prepulitura e insilamento

Il grano prima di arrivare al silo, trasportato tramite camion, treni o navi, deve essere controllato velocemente per separare i corpi estranei di maggiori dimensioni.

 

2. pulitura e condizionamento

Questa operazione si ripeterà nella seconda fase di pulitura e condizionamento, dove i cereali verranno separati dalle impurità sfruttando la differenza in dimensione, peso e forma del materiale che si vuole rimuovere rispetto alla cariosside intera.

 

3. macinazione

L’utilizzo della cariosside per l’alimentazione è riferito alla parte interna del chicco perché contiene amido e proteine; le parti esterne invece non sono digeribili per l’uomo poiché sono ricche di cellulosa.

 

Questa separazione si applica durante la macinazione dove in un primo momento il grano si frammenta in pezzi relativamente grossi, ma nei successivi passaggi diventano sempre più piccoli.

I passaggi di rottura del grano sono generalmente 4 o 5; quindi grazie alla macinazione si riescono a rimuovere le parti cruscali sempre più fini e ottenere i vari tipi di farine.

 

I grossi frammenti sono denominati semole e sono di due tipi: vestite e nude. Le prime sono costituite da mandorla farinosa e parti cruscali, al contrario di quelle nude. Infatti queste due tipologie di semola vengono separate tramite semolatrici che operano in correnti d’aria in base al loro peso specifico e alla dimensione.

 

Le semole vestite subiscono passaggi detti di svestimento, attraverso laminatoi finemente rigati. Anche lo svestimento è immediatamente seguito da una classificazione mediante plansichters.

 

Le semole nude sono invece destinate alle operazioni di rimacina condotte con cilindri lisci. Le rimacine rappresentano i passaggi finali di macinazione, aventi la funzione di ridurre a farina le semole, selezionate e pulite nelle fasi precedenti di lavorazione.

 

Da ognuno dei numerosi passaggi di molitura si ottiene una frazione di farina. La miscelazione di tutte queste farine consente di ottenere la farina finale commerciale detta anche “tuttocorpo“.

 

4. conservazione degli sfarinati prodotti

I cereali vengono raccolti nel momento in cui matura la cariosside e vengono consumati per tutto l’anno. Per questo motivo è importante conservare la granella tramite stoccaggio.

 

Lo stoccaggio del grano è facilitato da condizioni favorevoli di conservazione, quali la bassa umidità e i componenti poco inclini al deterioramento.

Se queste condizioni risultassero inadeguate, la naturale conseguenza sarebbe la perdita del raccolto, che potrebbe essere ulteriormente incentivata da contaminazioni da parte di insetti o microrganismi.

Per evitare quest’ultimo evento, le legislazioni di tutti i paesi consentono trattamenti di disinfestazione tramite insetticidi e fumiganti.

 

Attualmente ci sono studi che, valutando il contenuto di furosina, glucosilisomaltolo, idrossimetilfurfurale, furfurale, zuccheri, a-amilasi, b-amilasi, vogliono migliorare la qualità nutrizionale ed evitare il danno termico del prodotto.

 

La pasta di semola di grano duro

La pasta di semola di grano duro è il prodotto ottenuto dalla trafilazione, laminazione e essiccamento di un impasto a base solo di semola di grano duro e acqua.

Le proprietà del grano duro aiutano ad evitare che la pasta scuocia e fanno sì che l’amido non si disperda assicurando così la tenuta dell’impasto quando sottoposto a cottura.

 

Stagionalità del grano duro

Il grano duro si trova sul mercato tutto l’anno sotto forma di semola o di chicchi.

 

Preparazione e Conservazione del grano duro

L’uso del grano duro è implicato principalmente per la produzione di farina di semola per pane, pizze, paste e dolci.

 

La farina però potrebbe subire deterioramento da elementi esterni come luce, ossigeno e umidità.

Per questo motivo è bene conservarla in contenitori con chiusura ermetica, in un luogo asciutto e al riparo da correnti d’aria.

 

Condizioni ambientali e conservazione della farina di semola scorrette potrebbero favorire lo sviluppo di insetti e farfalline all’interno della stessa.

Per evitare la loro insorgenza occorre pulire spesso i mobili della casa con sostanze apposite come acqua e aceto bianco o acqua e ammoniaca oppure profumarla con oli essenziali.

Queste miscele, grazie al loro particolare odore, allontanano e sfavoriscono l’insorgenza degli animaletti.



Pane

Pane

 

tipologie di pane

Definizione di pane

Il pane, secondo la legge n. 580 del 4/7/1967, è “il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune”.

In presenza di questi soli ingredienti il pane viene definito comune, mentre se vi sono altri ingredienti si parla di pane speciale.

 

Riconoscimenti DOP, IGP e STG del pane

Con il Regolamento CE 1291/03 è stata attribuita la DOP (Denominazione di Origine Protetta) al “Pane di Altamura”, pane ottenuto dal rimacinato di semola di grano duro.

La produzione deve avvenire nei Comuni di Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino Murge (BA).

 

Con il Regolamento CE 516/09 è stata assegnata la DOP anche alla “Pagnotta del Dittaino”, prodotta in alcuni comuni delle Province di Enna e Catania, ottenuta attraverso l’impiego della semola rimacinata di grano duro prodotta in questi territori.

 

Nel 2016 è avvenuto il riconoscimento DOP anche per il “Pane Toscano”, prodotto in tutto il territorio toscano ed ottenuto con l’impiego di lievito madre (o pasta acida), acqua e farina di grano tenero tipo “0”.

 

Sono state riconosciute anche diverse IGP (Indicazioni Geografiche Protette), come il “Pane di Matera”, il “Pane Casareccio di Genzano” e la “Coppia Ferrarese”.

 

Invece il “Pane di Segale” (o pane nero) ottenuto dalla sostituzione della farina di segale al posto di quella di frumento, ha ottenuto la certificazione STG (Specialità Tradizionale Garantita).

 

In commercio si trovano diverse tipologie di pane: tipo “0”, tipo “00” (o comune), integrale, di segale, di grano duro.

 

Proprietà nutrizionali del pane

tabella con i valori nutrizionali del pane tipo 0. pane tipo 00, pane integrale, pane di segale e pane di grano duro
Tabella con i valori nutrizionali di diverse tipologie di pane: tipo 0. tipo 00, integrale, segale e grano duro.

Valori nutrizionali di diverse tipologie di pane (tipo 0, 00, integrale, segale e grano duro)

Le diverse tipologie di pane vengono prodotte con diversi tipi di farina. Le farine di “tipo 00” e di tipo “0” sono ottenute dal grano tenero con un processo di raffinazione e caratterizzate da un elevato contenuto di carboidrati, presenti principalmente sotto forma di amido, ed un ridotto apporto di fibra.

 

La farina di “tipo 00” è la tipologia di farina con il maggior grado di raffinazione; presenta un colore bianchissimo ed è la più facilmente lavorabile.

 

La farina “integrale” invece presenta un colore scuro in quanto viene prodotta macinando tutto il chicco del grano tenero. Infatti il pane prodotto con farina “integrale”, rispetto al pane prodotto con farina di tipo “0” o “00”, risulta più ricco di lipidi e fibra, mantenendo sempre un buon apporto di carboidrati e proteine.

 

La farina di “segale” da sola, o mescolata a farina di grano di grano tenero, porta alla produzione del pane di “segale” (noto anche come “pane nero”) che è riconoscibile, rispetto al pane comune, per il suo tipico colore bruno.

Questo pane presenta un buon apporto di proteine, lipidi e fibra.

 

La farina di “grano duro” presenta, rispetto a quella di grano tenero, un più alto contenuto di proteine, lipidi e fibra.

 

Il nutriente principale del pane è rappresentato dai carboidrati (circa il 58%), presenti soprattutto sotto forma di amido, ma sono presenti anche disaccaridi (maltosio) e monosaccaridi (glucosio).

Questo alimento è anche una buona fonte proteica (circa il 9%), mentre il contenuto lipidico è limitato (intorno all’1%).

 

Benefici del consumo delle diverse tipologie di pane

Il pane ha un alto potere saziante e ha un buon contenuto di carboidrati.

Dai carboidrati, dopo una serie di processi metabolici, si ottiene il glucosio che è una molecola utilizzata da organi del corpo, come il cervello e i muscoli, per ottenere energia.

 

Un’altra caratteristica del pane è che è privo di colesterolo. Quest’ ultima informazione è utile soprattutto ai soggetti con problemi cardiovascolari.

 

Il pane integrale è più ricco in fibra rispetto al pane bianco e per questo motivo è indicato ad essere consumato soprattutto da parte di soggetti che hanno problemi di stitichezza.

 

La porzione di consumo consigliata è di 50 grammi che corrisponde a un panino piccolo (come la rosetta o la michetta vuote) oppure a mezza ciabattina.

 

Il consumo di pane integrale tostato può essere utile per contrastare la gastrite e la sensazione di nausea e vomito.

 

Interazioni del pane

Devono prestare attenzione al consumo di pane i soggetti diabetici e, se le farine utilizzate per produrre il pane contengono glutine, i soggetti intolleranti al glutine o celiaci.

 

Produzione e Tecnologia delle diverse tipologie di pane

Produzione del pane: il processo di panificazione

La produzione di pane è un processo discontinuo, in quanto le diverse fasi di lavorazione (impastamento, lievitazione e cottura) sono condotte su quantità discrete di materiale e in impianti separati.

In un impasto per panificazione gli ingredienti base sono: la farina, l’acqua, il lievito e il sale.

La farina è l’elemento strutturante nelle fasi di impastamento, lievitazione e cottura.

 

Fase I: l’impastamento

La prima tappa del processo di panificazione, al quale sono collegati fenomeni fisici e chimici, è l’impastamento.

 

In questa fase vengono miscelate acqua e farina permettendo la formazione di una pasta liscia, omogenea, tenace e viscoelastica.

L’acqua viene aggiunta in dosi variabili a seconda del tipo di pane e del metodo di lavorazione.

 

Durante l’impastamento, a seguito dell’aggiunta di acqua, si ha la formazione della maglia glutinica, un complesso proteico che, idratandosi, forma una struttura molto elastica.

L’azione dell’acqua non si limita alla formazione della maglia glutinica: essa regola le attività enzimatiche, idrata i granuli d’amido durante la cottura ed esplica un’azione solvente per gli altri ingredienti.

 

Le funzioni del sale sono essenzialmente sensoriali e secondariamente strutturali, per la sua capacità di incrementare la forza dell’impasto a causa dei legami salini con le proteine del glutine.

 

L’aggiunta di altri ingredienti, oltre quelli di base, può avere una funzione organolettica o tecnologica e generalmente mira a migliorare la qualità del prodotto oppure a renderlo più appetibile per il consumatore.

 

Fase II: la lievitazione

La fase successiva di lievitazione comprende due tappe:

 

  • dalla fine del mescolamento fino alla formatura degli impasti abbiamo la fermentazione primaria,
  • mentre dalla formatura degli impasti fino alla messa in forno abbiamo la fermentazione secondaria.

 

L’impasto è sottoposto alla fermentazione grazie all’aggiunta del lievito (Saccharomyces cerevisiae), normalmente usato in panificazione nella misura del 2% del peso della farina.

In assenza o quasi di ossigeno i lieviti, per mantenersi in attività, utilizzano gli zuccheri per produrre energia, trasformando il glucosio in etanolo e in anidride carbonica.

I gas che si formano determinano lo sviluppo dell’impasto e l’aumento del volume, mentre l’alcool evaporerà dopo la messa in forno.

 

In seguito, per conferire al prodotto la forma desiderata, si passa alla formatura, che può essere condotta manualmente o in forma meccanizzata e che consiste nella messa in forma della pasta.

 

Dopo la formatura, la pasta viene lasciata riposare per un ulteriore periodo, durante il quale avviene la seconda fase di lievitazione.

 

Fase III: la cottura

L’operazione conclusiva è rappresentata dalla cottura, condotta in forno generalmente a una temperatura intorno ai 250° C, per tempi proporzionali alla pezzatura del prodotto.

 

Durante la cottura il volume del pane aumenta per dilatazione dei gas contenuti negli alveoli, dapprima drasticamente e poi progressivamente in seguito all’accelerazione della fermentazione, finché gli enzimi dei lieviti sono inattivati dal calore.

In questa fase si verifica l’evaporazione dell’acqua e dell’alcool formatosi nella fermentazione.

La temperatura interna del pane raggiunge i 90°C, mentre quella esterna della crosta raggiunge i 250° C; all’interno dell’impasto la temperatura più bassa rende l’amido collante formando la mollica.

Contemporaneamente si sviluppano le reazioni di Maillard che conferiscono il colore caratteristico della crosta, accompagnate dalla produzione di composti volatili responsabili dell’aroma del pane.

 

Il trasudamento interessa il periodo compreso tra l’uscita dal forno e il raffreddamento durante il quale il pane è soggetto a una diminuzione del suo peso, variabile dal 2% al 5%, a causa della perdita d’acqua sotto forma di vapore acqueo.

Secondo la legge n 580 del 4/7/1967 il contenuto in acqua del pane a cottura completa è stabilito in base alla pezzatura.

 

Tipologie di pane DOP e IGP in commercio

In relazione ai diversi pani con marchio di tipicità, in commercio il “Pane di Altamura” (DOP) si presenta sotto due forme tradizionali: la prima è una pagnotta nella tradizionale forma accavallata con baciature ai fianchi, l’altra è più bassa e non presenta baciature.

 

La “Pagnotta del Dittaino” (DOP) si trova in commercio nella tradizionale forma rotonda con una pezzatura compresa tra 500 e 1.100 grammi.

 

Il “Pane Toscano” (DOP) può presentare diverse pezzature. Il profumo è quello di nocciola tostata, mentre il sapore è definito “sciocco”, cioè privo di sale e leggermente acidulo.

 

Il “Pane di Matera” (IGP) commercialmente presenta una forma a cornetto oppure a pane alto.

Per poter mantenere integre ed inalterate le caratteristiche tipiche è necessario confezionare il pane con un microforato plastico, in parte colorato ed in parte trasparente per dare visibilità al prodotto, o con carta multistrato finestrata, che garantisce al pane la conservabilità per almeno una settimana.

 

Il “Pane Casareccio di Genzano” (IGP) in commercio si trova in forma di pagnotta con “baciatura ai fianchi”, o di filoni rotondi e lunghi; la mollica, che si conserva a lungo, appare soffice e spugnosa.

 

La “Coppia Ferrarese” (IGP) invece è formata da due pezzi di pasta uniti, con forma di nastro nella parte centrale, ciascuno con le estremità ritorte in modo da formare un ventaglio di quattro corna, le cui estremità sono dette crostini.

 

Preparazione e Conservazione del pane

I formati più grandi di pane come le pagnotte, specie se realizzate con lievito madre, si conservano meglio rispetto ai panini più piccoli e croccanti. Quest’ultimi infatti tendono a perdere la loro fragranza più facilmente.

 

Per conservare il pane è bene tenerlo in un luogo fresco e asciutto, a temperatura ambiente, al riparo da fonti di calore e dai raggi del sole. Può essere importante mantenere integro il sacchetto di carta in cui è confezionato il pane.

 

Il pane che non viene consumato in giornata può anche essere congelato; il congelamento però può alterare la consistenza della mollica rendendo il pane più friabile.

Una soluzione può essere quella di scongelare il pane in forno, o nel tostapane, per renderlo più gradevole e croccante.

In ogni caso, oltre i 3 mesi, il pane perde le sue caratteristiche originali.

 

Non è consigliabile invece posizionare il pane in frigorifero in quanto in relazione ai fenomeni di condensa il pane ammuffirebbe velocemente.



Mais

Mais

 

mais o granoturco

Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)

Genere: Zea

Specie: Zea mays

 

Cos’è il mais o granoturco

Il mais o granoturco è un cereale appartenente alla famiglia delle Graminaceae.

Originario dell’America, la diffusione in Europa avvenne a partire dal 1600 nelle regioni Balcaniche e successivamente in Italia.

 

La cariosside del mais è costituita dall’embrione (12-14%), dall’endosperma (75-80%) e dal pericarpo (8-10%).

L’embrione è ricco di lipidi, vitamina E ed A. L’endosperma è costituito da una parte ricca di sostanze azotate, e una parte farinosa, costituita quasi esclusivamente da amido e povera di sostanze proteiche.

 

Tipi di mais

Il mais può essere di diverso colore (bruno, violetto, rosso, giallo o bianco) e con forme differenti (rotondeggiante, schiacciata, appuntita).

 

Le tipologie più importanti in Italia sono il mais bianco, detto anche “Biancoperla”, in quanto presenta chicchi bianchi, vitrei e brillanti ed è un prodotto tipico veneto tutelato come presidio di Slow Food.

Altra tipologia è il mais rosso, tipico del Piemonte, caratterizzato dalla presenza di antocianine, responsabili della colorazione.

 

Il mais si trova in commercio sotto forma di farina, chicchi o in scatola previa cottura.

 

Proprietà nutrizionali del mais o granoturco

tabella con i valori nutrizionali del mais dolce in scatola e crudo e della farina di mais
Tabella con i valori nutrizionali del mais dolce in scatola e crudo e della farina di mais

Valori nutrizionali del mais

Il mais è un’ottima fonte di carboidrati, in particolare di amido.

Da come si può notare dalla tabella la farina di mais, presentando un quantitativo di carboidrati superiore rispetto al mais dolce crudo ed in scatola, fornisce un apporto energetico più elevato; il mais dolce crudo invece apporta meno calorie.

 

Sono presenti anche discreti livelli di potassio e fosforo e un discreto quantitativo di vitamina A e di vitamine del gruppo B.

 

Nel passato il mais è stato oggetto di interesse nutrizionale in quanto in zone povere con alimentazione quasi esclusivamente a base di mais era stata osservata la comparsa della pellagra, una malattia causata dalla carenza di vitamina PP nella cariosside di mais.

Tale deficienza è dovuta al basso contenuto in triptofano (amminoacido essenziale fonte di vitamina PP) della zeina, una proteina che, assieme alla zeatina, è presente nel mais.

 

Il quantitativo di sodio risulta più elevato nel mais in scatola per la presenza del liquido di governo, acqua e cloruro di sodio, utile al miglioramento della conservazione del prodotto.

 

Benefici del mais

Il mais è composto da molecole con azione antiossidante come la vitamina A, la vitamina C, la vitamina E e i carotenoidi.

 

Oltre alle vitamine appena citate, il mais contiene una discreta quantità di vitamine del gruppo B che contribuiscono a mantenere in salute l’organismo.

I minerali maggiormente presenti sono il potassio che regola la pressione arteriosa, il fosforo e il magnesio che contribuiscono a mantenere in salute le ossa e i denti.

 

L’Associazione Italiana Celiachia (AIC) afferma che il mais in chicco cotto al vapore è un alimento che può essere consumato liberamente anche dai celiaci in quanto naturalmente privo di glutine o appartenente ad una categoria alimentare non a rischio per i celiaci, poiché nel corso del processo produttivo non sussiste rischio di contaminazione.

 

La porzione di consumo standard consigliata è 80 grammi, che corrisponde a circa 4 cucchiai.

 

Produzione e Tecnologia del mais o granoturco

Zone di produzione del mais

Il mais è un cereale che viene coltivato in tutto il mondo e gli Stati Uniti producono circa il 40% del raccolto mondiale; altri grandi Paesi produttori sono Cina, Brasile, Messico, Indonesia.

In Italia la produzione di mais è concentrata soprattutto nelle regioni del nord (Friuli, Lombardia, Veneto e Piemonte) che coprono quasi il 70% della produzione.

 

La principale causa di questa disomogeneità nella distribuzione produttiva è il clima. Il mais infatti trova il suo ambiente favorevole in zone in cui le piogge hanno una certa frequenza e regolarità.

 

Coltivazione della pianta del mais

Il mais esige temperature elevate per tutto il suo ciclo vitale e la germinazione non avviene se le temperature sono inferiori a 10°C. La temperatura ottimale per l’accrescimento è di 22-24°C, per la fioritura di 26°C.

 

Il ciclo del mais inizia con cariossidi che pesano circa 0,3 grammi e si conclude con piante che, in buone condizioni di crescita, raggiungono un peso secco di 400-500 grammi.

 

Il mais da granella può essere raccolto dalla maturazione fisiologica, con un livello di umidità che ne rende necessaria l’essiccazione con aria calda.

La raccolta del mais può essere fatta in spiga o in granella. Il primo sistema è tipico della raccolta manuale: le spighe vengono staccate dalla pianta, “scartocciate” (eliminando le brattee che le avvolgono), lasciate essiccare ed infine sgranate con macchina sgranatrice.

Il sistema più rapido e più diffuso è quello con macchina combinata, che esegue contemporaneamente la raccolta e la sgranatura. Le mietitrebbiatrici da mais sono normali mietitrebbiatrici che per operare sul mais vengono munite di apposita testata spannocchiatrice.

Solitamente la stagione di raccolta del mais da granella va dalla seconda metà di settembre alla fine di ottobre.

 

Prodotti ottenuti dalla macinazione a secco del mais

La granella di mais può essere utilizzata in varie forme e per vari usi e in ogni caso necessita di un processo di lavorazione industriale.

 

La maggior parte del mais per zootecnica e per l’alimentazione umana viene trasformato per macinazione a secco. Con questo tipo di lavorazione si ottiene prima la separazione dell’embrione dai tegumenti della cariosside e successivamente, attraverso passaggi di setacciatura, vengono separati sfarinati di diversa granulometria.

Da questo processo derivano diversi sfarinati:

 

  • spezzature grosse (o hominy), da sottoporre successivamente alla laminazione in fiocchi (corn flakes) per alimentazione umana o per mangimi;
  • spezzature fini (o grits), per l’industria della birra in parziale sostituzione del malto d’orzo o per mangimi;
  • farine per prodotti da forno.

 

Il germe, una volta essiccato, viene sottoposto all’estrazione dell’olio, la crusca invece viene destinata all’industria zootecnica.

 

Il prodotto più abbondante ed importante ottenuto dal mais è l’amido, utilizzato tal quale dopo essiccamento (amido nativo) o modificato mediante trattamenti chimici, fisici o enzimatici.

Per idrolisi acida e/o enzimatica si ottengono sciroppi di glucosio, destrosio, fruttosio impiegati come dolcificanti nell’industria alimentare e farmaceutica.

 

Tecnica dell’appertizzazione per il mais in scatola

Il mais in scatola viene invece prodotto con il metodo denominato “appertizzazione”, che prevede la sterilizzazione del prodotto inscatolato, preceduto da una serie di operazioni preliminari.

 

Si effettua un pretrattamento termico, ovvero una precottura più o meno prolungata, ed in seguito viene confezionato in scatole di banda stagnata.

Quindi, ad una temperatura superiore agli 85°C, vengono addizionati acqua e sale.

I contenitori vengono chiusi ermeticamente e sterilizzati a temperature superiori ai 100°C e per un tempo che può variare dai 10 ai 60 minuti, secondo il formato e il materiale utilizzato per il confezionamento.

Infine, per ottenere un prodotto di buona qualità, le confezioni vengono raffreddate rapidamente fino a una temperatura di circa 40°C.

 

Le scatole, dopo il raffreddamento, devono presentare il fondo leggermente concavo a causa del vuoto parziale al loro interno. Scatole con il fondo bombato invece devono essere scartate poiché potrebbero essere contaminate da spore (come il botulino), produttrici di gas resistenti alle alte temperature.

 

Stagionalità del mais o granoturco

Il mais viene raccolto nei mesi di agosto e settembre, ma grazie alle lavorazioni a cui viene sottoposto si trova sul mercato tutto l’anno.

 

Preparazione e Conservazione del mais o granoturco

I chicchi freschi appaiono turgidi ed aderenti gli uni agli altri e possono essere consumati lessati o cotti al vapore, dopo averli sgranati, insieme ad un’insalata o come contorno.

 

Le pannocchie possono essere anche cotte al forno, avendo cura di lasciarle a bagno per pochi minuti prima della cottura.

 

Il mais in scatola può essere conservato per 48 mesi dalla data di produzione in un luogo fresco ed asciutto, lontano da fonti di luce. Una volta aperto è da conservare in frigorifero e consumare preferibilmente entro 2-3 giorni.

 

La farina di mais è utilizzata nella preparazione di diversi piatti (tra i quali in Italia il più noto è la polenta), alcuni tipi di pane e alcuni dolci.

Si distingue in farina bramata, a grana grossa, per polente particolarmente saporite e gustose, fioretto di farina per polente pasticciate, morbide e delicate, fumetto di mais, per una farina finissima adatta alla produzione di dolci e biscotti (quali le paste di meliga).

In commercio esiste anche una miscela di farine, nota come taragna, costituita da farina di mais e farina di grano saraceno, con cui si produce una polenta più scura e grezza rispetto a quella tradizionale di mais.

Esiste anche la farina di mais integrale, di colore più scuro rispetto alla farina di mais gialla, utilizzata per la produzione di polenta e la preparazioni di dolci; non è invece adatta per la produzione di pane, a meno di non miscelarla con una parte di farina di frumento.

La farina di mais integrale o la taragna sono in grado di apportare un buon contenuto in fibra, sono prive di glutine e hanno un indice glicemico inferiore rispetto alla farina di mais gialla.



Frumento Tenero

Frumento Tenero

 

frumento tenero

Famiglia: Graminaceae

Genere: Triticum

Specie: Triticum aestivum

 

Storia del frumento tenero

Il termine “frumentoograno” viene utilizzato comunemente per fare riferimento in maniera complessiva ad uno svariato numero di specie botaniche appartenenti al genere Triticum, nella famiglia delle Graminaceae.

 

Originarie dell’Asia sud-occidentale e ampiamente coltivate nella regione un tempo definita “Mezzaluna Fertile”.

 

Le specie di questo genere nel tempo si sono evolute in modo naturale, acquisendo differenze che ne hanno permesso la classificazione, ad esempio, in Triticum durum (frumento duro) e Triticum aestivum (frumento tenero).

Frumento tenero e duro sono quindi due specie differenti che presentano caratteristiche morfologiche ed esigenze ambientali diverse oltre ad un differente impiego in ambito industriale.

In questa scheda si fa riferimento al frumento tenero; tutte le informazioni relative al frumento duro è possibile trovarle nella specifica scheda.

 

Il frumento è il cereale più diffuso nel mondo con oltre 224 milioni di ettari coltivati.

 

I principali produttori a livello mondiale sono Cina e Canada, mentre i paesi dell’Unione Europea, tra cui prevale la Francia, hanno una produzione complessiva pari al 15% del totale.

In Italia la produzione di frumento tenero copre solo in parte il fabbisogno nazionale (55%) ed è concentrata prevalentemente al Centro-Nord. Le regioni a maggiore produzione sono: Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto.

 

L’elevata produzione di frumento è dovuta al fatto che costituisce una risorsa primaria per l’alimentazione umana, avendo un’elevata capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali.

Inoltre è facile da conservare e trasportare e permette di produrre svariati alimenti a partire dagli sfarinati da esso ottenuti.

 

Cos’è il frumento tenero

Il frumento tenero è una varietà di frumentonudo” dalla cui lavorazione a livello industriale si ottengono sfarinati che presentano caratteristiche adatte per la produzione di prodotti lievitati di vario genere come pane, torte, biscotti e per la produzione di pasta fresca all’uovo.

 

Sfarinati ottenuti dal frumento tenero

Dalla lavorazione di questo frumento si possono ottenere diversi tipi di sfarinati, regolamentati dalla legge n.580 del 4 luglio 1967 e successive modifiche:

 

  • farina di grano tenero o semplicemente farina, ottenuta dalla macinazione e conseguente abburattamento (una sorta di setacciatura) del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità che determinano le farine di tipo “00”, “0”, “1”e “2”ciascuna con specifiche caratteristiche di composizione;

 

  • farina integrale di grano tenero che non subisce la fase di abburattamento e presenta quindi un miglior contenuto di nutrienti.

 

Proprietà nutrizionali del frumento tenero

tabella con i valori nutrizionali del frumento tenero e delle farine di frumento integrali, tipo "0" e "00"
Tabella con i valori nutrizionali del frumento tenero e delle farine di frumento integrali, tipo “0” e “00”

Valori nutrizionali del frumento tenero e delle sue farine

La composizione della cariosside di frumento varia in base a diversi parametri, tra cui la varietà di frumento, le condizioni ambientali, il tipo di terreno su cui è coltivato e l’apporto di azoto nelle varie fasi di concimazione.

In generale nella cariosside sono presenti acqua (8-18%), glucidi (72%), proteine (7-18%), lipidi, vitamine e sali minerali (1.5-2%).

 

I glucidi sono i composti più importanti da un punto di vista quantitativo e sono presenti come monosaccaridi, disaccaridi, oligosaccaridi e polisaccaridi. L’amido è il principale polisaccaride di riserva del frumento (60-68%) e comprende due macromolecole differenti: amilosio e amilopectina.

 

Le proteine del frumento sono classificate generalmente in proteine citoplasmatiche e proteine di riserva.

Le prime sono ricche di amminoacidi essenziali come lisina, alanina, valina, treonina e acido aspartico, mentre presentano un basso contenuto di glutammina.

Le proteine di riserva, hanno invece la capacità, una volta che gli sfarinati sono trattati con acqua, di legarsi nella formazione di un impasto viscoelastico.

 

I lipidi sono presenti in quantità ridotta nella cariosside (2-3%) e sono localizzati soprattutto a livello del germe.

 

I sali minerali sono localizzati invece nei tegumenti esterni e comprendono fosfati di magnesio e potassio, sali di calcio, ferro, rame e zinco.

 

Tra le vitamine sono presenti soprattutto quelle del gruppo B e la vitamina E, più abbondante nel germe.

Dai dati riportati in tabella si può notare come man mano che aumenta il grado di lavorazione degli sfarinati di frumento diminuisca il contenuto dei micronutrienti.

 

Benefici del frumento tenero

Nel frumento tenero è presente la fibra che aiuta la digestione, la buona funzionalità intestinale e ha un alto potere saziante.

 

Produzione e Tecnologia del frumento tenero

Caratteri botanici del frumento tenero

L’infiorescenza del frumento è una pannocchia spiciforme, comunemente detta spiga, costituita da un asse principale, o rachide, formato da corti internodi che possono essere resistenti alla disarticolazione (frumenti “nudi”) o disarticolarsi con facilità (frumenti “vestiti”).

Su ogni nodo del rachide è inserita una spighetta, e con mediamente 20-25 spighette per spiga.

Ogni spighetta è racchiusa da due glume all’interno delle quali troviamo da 3 a 8 fiori, ciascuno racchiuso e protetto da due glumelle, o glumette, disuguali. Nel frumento le glumelle si staccano dalle cariossidi al momento della trebbiatura.

 

La cariosside è un frutto uniseminato, contenente cioè un solo seme, di forma allungata e sezione trasversale da rotondeggiante a sub-triangolare.

È costituita dall’embrione o germe (2-4% in peso), dall’endosperma (87-89%) e dagli involucri o tegumenti (8-10%).

All’interno degli involucri, pericarpo e tegumento seminale, che costituiscono la crusca, sono presenti l’endosperma che occupa la maggior parte del volume e l’embrione.

Quest’ultimo non ha alcuna importanza dal punto di vista tecnologico-alimentare in quanto va a costituire un sottoprodotto della fase di macinazione, ma ha un ruolo fondamentale dal punto di vista riproduttivo in quanto in esso sono contenuti gli organi principali del futuro individuo.

L’endosperma è formato da uno strato aleuronico esterno e da un parenchima interno che è costituito da cellule ricche di amido e più povere di sostanze proteiche man mano che si procede verso l’interno della cariosside.

La consistenza e l’aspetto dell’endosperma sono di fondamentale importanza per la qualità del prodotto e il suo impiego.

In base alla varietà e alle caratteristiche dell’ambiente di coltura, l’endosperma può apparire ambraceo, corneo, vitreo ovvero farinoso, bianco o tenero.

 

Coltivazione del frumento tenero

Il frumento è una pianta a medie esigenze idriche, teme fortemente, specie nei periodi freddi, il ristagno d’acqua nel terreno, i forti venti ed i temporali primaverili che provocano allettamento.

Si adatta soprattutto ai terreni ben dotati, di medio impasto ed argillosi, mentre dà produzioni scadenti in suoli sabbiosi, poveri e a caratteristiche acide.

 

Le varietà a semina autunnale coltivate in Italia sopportano bene i freddi invernali e richiedono man mano temperature crescenti. In fase di maturazione il frumento si avvantaggia di un clima caldo e poco piovoso.

 

Le alte temperature non sono favorevoli al frumento: non soddisfano le esigenze di vernalizzazione di certe varietà, aumentando i pericoli di attacchi parassitari e possono causare condizioni di carenza idrica, promuovendo l’evaporazione dell’acqua, che porta a un blocco dell’accumulo di sostanze di riserva nella cariosside.

 

L’acqua, dopo la temperatura, è il fattore più importante ai fini della distribuzione geografica e della produttività della coltura del frumento.

La siccità alla semina può essere un grave ostacolo per il germogliamento delle piante, mentre durante la fase di accestimento i consumi d’acqua sono limitati. In questo periodo sono da temere gli eccessi di pioggia che creano uno strato asfittico nel terreno.

 

Tecnica di produzione per ottenere prodotti dal frumento tenero

L’industria molitoria opera in modo da separare quanto più possibile l’endosperma dalle restanti parti della cariosside e può essere quindi definita come un’industria di estrazione e purificazione.

 

Il processo molitorio può essere distinto in quattro fasi: 1- prepulitura ed immagazzinamento del grano; 2- prima e seconda pulitura e condizionamento; 3- macinazione vera e propria e 4- immagazzinamento, confezionamento.

 

Il processo di macinazione è rappresentato da una serie di operazioni fisiche che attraverso prepulitura, stoccaggio, puliture, rotture, vagliature e rimacine, consente di separare, sotto forma di sfarinati, l’endosperma dalle parti corticali della cariosside del frumento.

 

1- prepulitura e stoccaggio

Il grano viene sottoposto ad un trattamento di pre-pulitura mediante aspirazione e vagliatura e successivamente, viene immesso in strutture per lo stoccaggio.

La conservazione dei cereali non è di facile attuazione: le cariossidi sono costituite da tessuti che respirano, ovvero assorbono ossigeno dall’ambiente ed emettono umidità e calore.

Per evitare l’attacco di parassiti e lo sviluppo di muffe (con eventuale conseguente formazione di micotossine) nei silos adibiti allo stoccaggio si devono mantenere una temperatura fresca e un basso grado di umidità, oltre a razionali pratiche igieniche.

 

2- prima, seconda pulitura e condizionamento

Il processo di macinazione è inoltre preceduto da un’ulteriore operazione di pulitura e umidificazione (condizionamento) effettuata con l’aggiunta di opportune quantità di acqua potabile.

Quest’operazione ha la funzione di facilitare la separazione dell’endosperma dalle restanti parti della cariosside e consente il mantenimento, costante e controllato, dell’umidità e della temperatura durante il processo di macinazione.

 

3- macinazione

La macinazione vera e propria consiste in una serie di operazioni:

 

  • rottura (mediante il passaggio in rulli rigati) che consentono la separazione della mandorla farinosa dalla parte corticale della cariosside senza polverizzare la crusca;
  • svestimento, effettuate con rulli finemente rigati o lisci, che permettono di rimuovere le particelle di crusca aderenti ai piccoli frammenti di endosperma;
  • rimacina, che consentono una macinazione ripetitiva, durante la quale la mandorla farinosa viene ulteriormente ridotta di dimensioni, mentre le parti corticali, con la loro struttura fibrosa, oppongono maggiore resistenza all’azione meccanica dei rulli macinanti.

 

La cariosside viene così trasformata in farine e cruscami attraverso una serie di passaggi di macinazione parziale, ognuno dei quali non si può considerare a sé stante, in quanto perfeziona i prodotti del passaggio precedente e condiziona quelli dei passaggi successivi.

 

Dalla macinazione si separano quindi tre parti della cariosside:

 

  1. l’endosperma amilifero da cui si ricava la farina,
  2. l’embrione o germe ricco di grasso da cui si ricava l’olio e
  3. la crusca ricca in fibra e proteine.

 

Preparazione e Conservazione del frumento tenero

Come accade per molti alimenti, anche le farine hanno caratteristiche nutrizionali ottimali quando sono fresche, cioè macinate da non troppo tempo; una leggera maturazione, di circa 3 settimane, infatti, le rende più digeribili.

 

Appena macinata la farina ha un capacità di assorbimento dell’acqua molto bassa, forma un impasto debole e appiccicoso che produce un pane poco sviluppato.

In seguito alla fase di maturazione le qualità tecniche migliorano: aumenta l’assorbimento e la capacità di trattenere l’anidride carbonica, sviluppata durante la fermentazione.

Se il processo di maturazione dovesse tuttavia proseguire eccessivamente (oltre le 8 settimane) la farina diventa sempre più forte, più chiara (per ossidazione dei carotenoidi) fino a peggiorare le caratteristiche iniziali e diventare “gessata” (ovvero durante la lavorazione l’impasto risulta poco elastico).

Eccedendo ulteriormente, la farina diventerà sempre più acida e con un’attività enzimatica eccessivamente alta che determinerà impasti appiccicosi, un pane poco sviluppato e con una crosta scura.

 

Anche l’umidità della farina ne risente, ma ciò dipende dall’ambiente di conservazione. Se è umido tende infatti ad acquisire umidità.

I grassi vengono invece idrolizzati dalla lipasi, liberando acidi grassi che in un primo momento si ossidano a perossidi che rafforzano il glutine mentre successivamente si trasformano in aldeidi e chetoni che rilasciano un odore e un sapore sgradevole.

Questi fenomeni possono essere ridotti conservando la farina in condizioni anaerobiche (senza aria) oppure, marginalmente, in confezioni più piccole.

 

Nel periodo estivo è possibile ritrovare nelle farine la presenza di insetti (vermi e farfalle). Ciò, diversamente da quello che si può pensare, non è legato alla bassa qualità delle stesse ma alle condizioni ambientali avverse (caldo e umidità eccessiva).